Il capitalismo causa di cattiveria sulle donne? Recensiamo il manga "17 anni". | ANIMEHIRO
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Il capitalismo causa di cattiveria sulle donne? Recensiamo il manga “17 anni”.

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Il capitalismo causa di cattiveria sulle donne? Recensiamo il manga “17 anni”.

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Oggi in onore della festa della donna volevo parlarvi di un’opera che prende ispirazione da un fatto di cronaca nera che sconvolse tutto il Giappone di fine anni ottanta.

Premessa

Il contesto in cui si svolge la vicenda raccontata nel manga ispirato al fatto di cronaca reale è un
Giappone del dopoguerra, fine anni ottanta e pre-bolla speculativa. In quest’epoca della storia moderna il Giappone stava vivendo un periodo di fiorente sviluppo economico e tecnologico (era all’apice), nell’aria si respirava un clima di grande fiducia e aspettativa nel progresso e nel futuro, inoltre vi era una diffusa percezione di benessere.

Situazione politica e sociale del Giappone

Il Paese procedeva spedito nella sua apparente fede incrollabile verso un progresso costante, con solo qualche nuvola all’orizzonte (una società ricca, ordinata, una popolazione ligia al lavoro, all’ubbidienza e al dovere). Questa patina di perfezione però entrava completamente in conflitto con un tessuto sociale che presentava forti criticità e metastasi. Da una parte la mentalità degli adulti dell’epoca che avevano vissuto gli orrori della guerra, si contrapponeva alla mentalità giovanile molto più aperta, orientata verso il futuro e il resto del mondo. Questo poi, veniva aggravato dall’astio e allo scetticismo che i genitori Giapponesi volevano tramandare ai figli.

In tutto ciò il Giappone, com’è suo solito fare, tutte queste criticità sociali le prende e le nasconde
sotto un tappeto di finta perfezione.
La società nipponica applica il concetto dell’Honne e del Tatemae ( a me caro da adolescente, nel
lontano 2011, quando stilavo la mia tesina di maturità sul Giappone). Di solito questi due
termini vanno a braccetto, perché sono due facce della stessa medaglia, spieghiamo il perché.
L’Honne sono le vere intenzioni, (ciò che l’individuo pensa veramente, il suo io più profondo)
mentre Tatemae è l’esatto opposto (dettato dagli obblighi sociali che determinano
il giusto comportamento da tenere in pubblico per non essere sconvenienti). La società
giapponese dà priorità al& gruppo e all’armonia sociale rispetto al singolo individuo. Per mantenere
questa sintonia si evita di parlare in modo diretto per paura di ferire la sensibilità del proprio
interlocutore.
Ma è proprio qui, in tutta questa messinscena messa in atto dalla società,che si annida il male. Dove la criminalità giovanile giapponese dilaga, dando così vita alle più becere atrocità nei confronti del prossimo. Fino a sfociare all’apice della malvagità Umana nei confronti di una ragazzina di 17 anni da parte dei suoi coetanei, dai quali venne rapita, abusata, torturata e infine uccisa nei suoi 44 giorni di prigionia.
Non a caso proprio all’inizio degli anni 80 e verso la sua fine, si diffusero a macchia d’olio gang di Bosozoku (moto-teppisti giapponesi). La maggior parte di queste gang erano completamente composte da ragazzi ( in qualche raro caso anche da sole ragazze). I membri erano bulli e delinquenti di quartiere ( di età compresa tra i 13 e 18 anni), che infestavano le strade con i rombi delle loro motociclette, commettendo atti vandalici e organizzando risse con altre gang locali per il “dominio sul territorio” . Inoltre sembrerebbe che molti di loro intrattenessero rapporti con la Yakuza e ne fossero addirittura affiliati.

A quell’epoca ( e tutt’ora ancora oggi, in maniera più moderata nel Giappone odierno) il ruolo
della donna era unicamente relegato al focolare domestico, alla cura e l’educazione dei figli. A
causa di un modello patriarcale, quest’ultima viveva una condizione di disparità rispetto al sesso
forte a cui doveva completa ubbidienza e tacito consenso. Molte violenze domestiche e carnali, ai danni di donne adulte e giovani ragazze, proprio per questo motivo non venivano mai denunciate
dal sesso debole. Infatti anche nel manga i ragazzi della gang di Miyamoto ( anche lui stesso) hanno un atteggiamento prepotente e di superiorità nei confronti delle ragazze. Infatti anche uno dei ragazzi afferma che possono fare di loro ciò che vogliono, visto che tanto non vengono mai denunciati.

Manga e realtà

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A primo impatto guardando il volume, notiamo una ragazza che ci fissa, ma non possiamo vedere i suoi occhi. Essi sono coperti una barra nera orizzontale, di quelle che “proteggevano” i volti dei
minorenni nelle foto di cronaca nera. Nonostante non possiamo vedere quegli occhi sembra quasi
ci stiano chiedendo aiuto, come quelli delle povere vittime della tragedia (Sachicko Osawa nel
manga, Junko Furuta nella realtà).
Ci appare così inquietante fin dalla copertina il primo volume del manga 17 anni, realizzato nel
2004 da Seiji Fujii e Yoji Kamata.
Il manga non è una cronaca esatta dell’omicidio . Innanzitutto i personaggi sono diversi, cambiano
i nomi e le fisionomie. Per quanto sembri paradossale, le atrocità raccontate non sono
assolutamente paragonabili a quelle molto più crude e violente, effettivamente subìte dalla
povera Junko Furuta.

La scelta di ispirarsi al vero delitto raccontando una storia leggermente diversa, unita alla volontà
di non indulgere voyeuristicamente sulla vittima, ha permesso agli autori di setacciare nell’animo umano dei protagonisti. Di trasformare la violenza fisica in un inferno, anche e soprattutto
psicologico, che non coinvolge soltanto Sachiko (la ragazza rapita) ma tutto il resto del cast che le
ruota attorno.

Hiroki da adulto vs hiroki 17 anni

La narrazione si apre con un Hiroki adulto, (a fatti già avvenuti) che ricorda (durante il suo turno
di lavoro come fattorino nel quartiere E) con enorme senso di colpa, tutta la vicenda avvenuta
diversi anni prima . Esordisce dicendo: “Avevo solo 17 anni”. Il titolo del manga in questione non è solo un puro riferimento all’età della vittima, ma è anche legato all’eta di uno dei suoi carnefici.
Forse il più debole e meno colpevole, ma non per questo completamente innocente. Dopo essere stati salvati da un pestaggio da parte di bulli, Hiroki e Takashi entrano nelle grazie del minaccioso e brutale Miyamoto, un Senpai leader di una banda di teppisti che controlla le altre gang locali e, stando alle voci, gode persino dell’amicizia di alcuni clan Yakuza.
Per i due giovani, che hanno passato la gran parte della loro gioventù a subire soprusi dai Senpai più prepotenti e aggressivi, entrare nella banda di Miyamoto diventa per loro una manna dal cielo. Ma lo è fino ad un certo punto, quando alle marachelle subentrano i primi furti, le intimidazioni, le percosse, il sangue.

Dopo ciò Hiroki non è più sicuro di voler far parte della gang, ma vi rimane ugualmente e contribuisce al crimine più atroce: ovvero il rapimento della povera Sachiko, una giovane che tornava a casa dopo il suo turno part-time di lavoro.
La ragazza con un’escamotage viene adescata e fatta salire sull’auto di Miyamoto, successivamente ai suoi primi sospetti viene minacciata, viene portata nella residenza di Mizuno (all’interno della sua stanza) dove successivamente viene picchiata, stuprata e torturata.
La casa del ragazzo verrà usata per tutto il manga come luogo di ritrovo per la gang di teppisti come avvenne nel fatto reale ( in questo caso nella casa di Minato). La gang si trasforma ben presto in un branco di mostri che tiene imprigionata la ragazza per diverse settimane, riservandole le violenze più orribili.
In tutto questo Hiroki resta fermo, tremante ed in lacrime senza trovare la forza di fermare le atrocità compiute da Miyamoto e company verso la povera Sachiko temendo di causare la loro ira e rimetterci la pelle.
Anche in questo caso nelle dinamiche di gruppo tra i ragazzi della gang ritorna e vige il concetto di Honne e Tatemae. Hiroki nel suo io più profondo desidera trarre in salvo la ragazza, ma allo stesso tempo viene bloccato dalla paura di risultare debole e buscarle da il violento leader e dagli altri teppisti della gang.

Sempre Hiroki, afflitto da un profondo disgusto, misto a senso di colpa in contrasto con la paura fugge da
se stesso e da tutti, rivelando così al lettore il più grande mostro tra i mostri: ovvero l’indifferenza; tacendo per il quieto vivere. E tutto questo mentre la società, (dai parenti della vittima e carnefici alle istituzioni) sottovaluta il degrado giovanile che si espande a macchia d’olio.

L’unica figura positiva è quella di Miki, (sorella gemella di Sachiko) determinata nel seguire le tracce della sorella e disposta a tutto pur di ritrovarla, contro l’indifferenza e lo scetticismo del mondo adulto.
Ella è l’esatta contrapposizione di Hiroki nella storia, un protagonista tutt’altro che positivo, perlopiù tragico, zittito dall’omertà e spinto ad agire più per paura delle conseguenze penali che in nome di una vero e proprio spirito morale.
Questa storia paragonata al caso reale in apparenza può sembrare la sua versione alleggerita dove
forse si poteva osare di più.
Tuttavia a causa della reale atrocità degli eventi a cui è stata ispirata, è stato volutamente deciso dagli stessi autori di non spingere l’acceleratore su determinati fattori. Infatti la violenza che troverete all’interno del manga non viene mai spettacolarizzata né resa fine a se stessa, ma è funzionale alla storia.
Le nudità e il sesso, mai invasive nel racconto, sono quel che sono: violenza, dramma, dolore e angoscia prive di inutile erotismo.

Gli adulti in questo manga hanno un ruolo secondario ma enormemente colpevole, con intere famiglie che fingono di non sapere, madri e padri indotti al silenzio da figli adolescenti irrispettosi e violenti.
Personalmente suscitano molta rabbia e indignazione le scene in cui Mizuno ha un atteggiamento violento nei confronti di entrambi i genitori, soprattutto nei riguardi della madre quando ella entrando di soppiatto nella stanza del figlio scopre qualcosa che sarebbe stato meglio non sapere.
I comportamenti di Mizuno fanno talmente imbestialire il lettore suscitando volentieri la voglia di
vederlo sbattuto al muro e preso a calci fino allo sfinimento.

Ciò che lascerà l’amaro in bocca, sia nella storia reale che in quella del manga, è che gli aguzzini non avranno mai ciò che meritano davvero, perché protetti dalla legge allora in vigore sui minori, quindi non perseguibili dalla legge.
Il finale anche se meno tragico rispetto ai fatti reali, con un lieve barlume di speranza, lascia comunque in bocca un sapore dolce-amaro di fronte a una società (quella giapponese) che fondamentalmente non cambia.

Il caso di cronaca reale: l’omicidio di Junko Furuta.

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Junko Furuta(古田 順子 Furuta Junko ) era una studentessa di scuola superiore giapponese che venne rapita, violentata, torturata e uccisa. Il suo caso è stato chiamato”il caso dell’omicidio della ragazza liceale nel cemento”(女子高生コンクリート詰め殺人事件? ), a causa del fatto che il suo corpo venne rinvenuto all’interno di una betoniera. L’abuso venne principalmente perpetrato da quattro adolescenti maschi (Hiroshi Miyano, Jō Ogura, Nobuharu Minato e Yasushi Watanabe) per un periodo di 44 giorni dal 25 novembre 1988 al 4 gennaio 1989. Il crimine è stato descritto come il peggior caso di delinquenza minorile nel Giappone del dopoguerra.

Antefatto

Furuta nacque a Misato nella Prefettura di Saitama. Viveva con i suoi genitori, suo fratello maggiore e suo fratello minore. Durante la sua adolescenza frequentò il Liceo Yashio-Minami, e dall’ottobre del 1988 iniziò a lavorare part-time in una fabbrica di stampaggio della plastica durante il doposcuola. Lo aveva fatto così da poter guadagnare denaro per un viaggio che aveva in programma di fare dopo il diploma. Furuta aveva anche accettato un lavoro presso un rivenditore di elettronica, dove aveva pianificato di lavorare dopo il diploma. Al liceo Furuta era benvoluta dai suoi compagni di classe e considerata una studentessa modello. A scuola, la ragazza era considerata intelligente, carina e timida.

Nonostante la sua popolarità, non è mai apparsa a feste. Non beveva né faceva uso di droghe, a differenza della maggior parte degli altri studenti. Era una ragazza popolare con dei bei lineamenti e sognava di diventare una cantante idol. La notte in cui venne rapita, Furuta non vedeva l’ora di tornare a casa per guardare l’episodio finale del programma televisivo Tonbo (Dragonfly とんぼ).

Autori del rapimento

Gli autori erano quattro adolescenti maschi: Hiroshi Miyano (宮野裕史 Miyano Hiroshi, 18 anni) Jō Ogura& (小倉譲, Ogura Jō, 17) Nobuharu Minato (湊伸治 Minato Nobuharu, 16) e Yasushi Watanabe (渡邊恭史 Watanabe Yasushi, 17), che negli atti del tribunale erano rispettivamente indicati come “A”, “B”, “C” e “D”. I quattro erano dunque già noti agli organi di polizia. In quel periodo usavano il secondo piano della casa di Minato come luogo di ritrovo e, come chinpira, avevano precedentemente commesso crimini tra cui furti, estorsioni e stupri.

Miyano

Miyano, il leader, aveva alle spalle una storia di comportamenti criminosi sin dalle scuole elementari, come il taccheggio e il danneggiamento di proprietà scolastiche. Nell’aprile del 1986 si iscrisse a una scuola superiore privata a Tokyo, anche se l’anno successivo la abbandonò. Dopo questo, continuò a commettere diversi crimini che aumentarono con il passare del tempo. Al momento del crimine, viveva con la sua ragazza, la sorella maggiore di Yasushi Watanabe (Boy D) e lavorava come piastrellista per risparmiare soldi e sposarla. Insoddisfatto della bassa retribuzione, Miyano si fece coinvolgere da un gangster e commise crimini sessuali. Questo causò la fine della relazione con la sua ragazza.

Hiroshi Miyano

Hiroshi Miyano era un bullo nella stessa scuola di Junko, gli piaceva sfoggiare la sua esibizione nella Yakuza, ha commesso diversi crimini e violentato diverse ragazze. Inoltre Miyano e il suo amico sedicenne Nobuharu Minato frequentavano un vicino parco dove si erano verificati degli stupri. I due erano stupratori esperti noti per avere un occhio acuto nell’individuare bersagli semplici. Proprio in quel periodo il ragazzo era in cerca di una fidanzata, guarda caso si prese una cotta proprio per Junko che lo respinse davanti a tutta la classe. Alla ragazza non interessava le smancerie tra ragazzi come le sue coetanee, era invece tutta orientata su se stessa, il suo futuro e puntava a fare una brillante carriera universitaria che le garantisse un buon lavoro in azienda. Quest’umiliazione andò giù a Hiroshi Miyano, non essendo mai abituato a sentirsi dir di no da nessuno ragazzo, figuriamoci da una ragazza.
Miyano provò un profondo sentimento di vendetta nei confronti della giovane da cui scaturì il movente di questo orrendo crimine.

Il rapimento e gli abusi

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Il 25 novembre 1988 Miyano e Minato vagavano per Misato con brutte intenzioni. Alle 20:30 avvistarono Furuta in sella alla sua bicicletta che va verso casa dopo il suo turno al lavoro. Per ordine di Miyano, Minato la scalciò dalla bicicletta e fuggì dalla scena (abbandonò la bici poco più avanti dove poi fù ritrovata). Miyano, con la scusa di aver assistito per coincidenza all’attacco, si avvicinò a Furuta e si offrì di accompagnarla a casa. La ragazza riconoscendo il ragazzo si sentì rassicurata nel vedere una faccia conosciuta e ingenuamente si fidò di lui.

In tutta onestà (e conoscendo i fatti) fossi stata al posto di Junko avrei subito chiamato i miei familiari, inveito al telefono contro il bullo che mi aveva fatto cadere e li avrei implorati di aggiungermi il prima possibile. Quindi, NO, non mi sarei fidata del soccorritore Miyano, in quanto diffidente per natura avrei avuto il sospetto che qualcosa forse non quadrava.
Dopo aver ottenuto la sua fiducia inizialmente il ragazzo le si rivolse in maniera carina ed educata, però poi quando la ragazza si accorse che cominciavano ad allontanarsi dal proprio quartiere e glielo fece notare il tono di Miyano cambiò in violento e minaccioso e la obbligò a seguirlo in silenzio.

Inizio delle violenze

Successivamente Miyano la violentò in un magazzino poco distante, e poi nuovamente in un hotel vicino, minacciando poi di ucciderla. Dall’hotel, Miyano chiamò gli altri suoi amici, Jō Ogura e Yasushi Watanabe, e si vantò con loro dello stupro. Secondo quanto riferito, Ogura avrebbe chiesto a Miyano di tenere la ragazza prigioniera per consentire a numerose persone di stuprarla in gruppo.
Intorno alle 3:00 del mattino, Miyano portò Furuta in un parco vicino, dove li stavano aspettando Minato, Ogura e Watanabe. Da quando Junko vide Minato riconobbe la persona che l’aveva fatta cadere dalla bicì, intuì la messinscena e capì purtroppo di essere caduta nella trappola. I ragazzi avevano appreso il suo indirizzo grazie ad un taccuino nel suo zaino e le dissero che i membri della Yakuza avrebbero ucciso la sua famiglia se avesse tentato di scappare.
Il 27 novembre, i genitori di Furuta contattarono la polizia in merito alla sua scomparsa. Per scoraggiare ulteriori indagini, i rapitori la costrinsero a chiamare la madre 3 volte per convincerla che era scappata ma era al sicuro e stava con alcuni amici; in questo modo anche le indagini della polizia si interruppero.
Anche qui sinceramente mettendomi nei panni della madre di Junko, conoscendo mia figlia, sarei rimasta alquanto insospettita dalla chiamata e il suo contenuto. Quindi a maggior ragione non avrei mai bloccato le indagini che la riguardavano, pensando che fosse alquanto strano che “la mia bambina” sparisse di colpo da un giorno all’altro.
Per non far insospettire i genitori di Minato, Furuta era costretta a fingersi come la sua ragazza. Comunque ci fu un momento in cui un pentito della gang spifferò al fratello il rapimento della giovane, chiedendogli di chiamare la polizia e mandarla a casa di Minato. Infatti così avvenne, la polizia andò a casa di Minato domandando ai genitori se per caso avessero notato la presenza di una ragazza in casa. Ovviamente la risposta dei coniugi fù negativa dichiarando di non averla mai vista (in seguito affermarono di non essere intervenuti per paura di ritorsioni, visto che il loro stesso figlio era sempre più violento nei loro confronti) e la polizia non dubitando delle loro affermazioni interruppe le indagini negando definitivamente alla povera vittima la possibilità di salvarsi (in seguito alla tragedia i due agenti furono licenziati).
La notte del 28 novembre Miyano invitò a casa di Minato altri due ragazzi, Tetsuo Nakumara e Koichi Ihara, rispettivamente E e F. Essi andarono nella stanza al piano di sopra, dove Junko era seduta, con indosso una maglietta a maniche lunghe e una gonna che Miyano aveva rubato da un negozio di abbigliamento qualche giorno prima. Bevvero medicine per la tosse, fingendo che fossero droghe, e andarono in escandescenza. Furuta cercò di scappare, urlando di paura. Miyano le afferrò le gambe e Ihara le mise un cuscino sul viso. I genitori si svegliarono ed andarono a controllare, ma Minato li rassicurò. Il grippo invitò nella casa anche altri uomini ed adolescenti incoraggiandoli a violentarla. Nel complesso, Furuta venne violentata più di 500 volte da oltre 100 uomini e adolescenti. In un’occasione, venne violentata da 12 uomini in un giorno.
Secondo le dichiarazioni del gruppo, i quattro le rasarono i peli pubici e la costrinsero a ballare nuda al suono della musica e a masturbarsi davanti a loro; in un’occasione la lasciarono al freddo sul balcone nel cuore della notte con pochi vestiti. Inoltre le urinarono addosso e la costrinsero a bere urina. Junko Veniva picchiata regolarmente, a volte legata come un sacco da boxe umano e successivamente colpita con calci e pugni o bastoni e canne di bambù. Le inserirono anche oggetti nella vagina e nell’ano, tra cui un fiammifero acceso, aghi, piccoli coltelli affilati, un’asta di metallo, una bottiglia, fuochi d’artificio, accendini e una lampadina accesa. Inoltre i ragazzi spegnevano i mozziconi di sigaretta all’interno dei suoi genitali. I ragazzi le hanno anche bucato il seno con un ago da cucito e strappato a forza un capezzolo.
Venne costretta ad alimentarsi con grandi quantità di alcol, latte e acqua. Fu anche costretta a fumare più sigarette contemporaneamente e ad inalare Diluente nitro. Un giorno Miyano bruciò ripetutamente le gambe e le braccia di Furuta.
Alla fine di dicembre Furuta era gravemente malnutrita. Fu confinata sul pavimento della stanza di Minato in uno stato di estrema debolezza. A causa delle sue gravi ferite e ustioni infette, urinò sul pavimento della stanza. Tutto ciò causò l’ira del gruppo che dopo averla pestata la chiusero fuori lasciandola in balia del gelo invernale. La ragazza, ormai rinchiusa in quella gabbia, ha implorato i suoi aguzzini di ucciderla e mettere fine alle sue sofferenze. In tutta risposta la rinchiusero in un congelatore.
L’aspetto di Furuta era stato drasticamente alterato dalla brutalità degli attacchi. Il suo viso era così gonfio che era difficile distinguere i suoi lineamenti. Il suo corpo emetteva un odore di putrefazione che fece perdere ai quattro ragazzi l’interesse sessuale per lei. Di conseguenza, a Dicembre, rapirono un’altra ragazza di 19 anni che, come Furuta, stava tornando a casa dal lavoro.

Omicidio e indagine

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Il 4 gennaio 1989 dopo aver perso una partita di Mah Jong la sera prima. Miyano decise di sfogare la sua rabbia su Furuta versandole del liquido per accendini sul corpo e dandole fuoco. Furuta tentò di spegnere le fiamme, con sempre meno forza. In risposta, colarono della cera calda sul viso. Dopo essere stata presa a calci, ebbe un attacco di convulsioni. Dal momento che sanguinava copiosamente e dalle sue ustioni infette usciva pus, i quattro ragazzi si coprirono le mani con guanti di plastica. Essi continuarono a picchiarla facendole cadere più volte dei pesi per manubri sullo stomaco. L’episodio durò due ore e Furuta, stremata per le violenze, morì.

Meno di 24 ore dopo la sua morte, il fratello di Minato chiamò per dirgli che Furuta sembrava essere morta. Temendo di essere accusati di omicidio, il gruppo avvolse il suo corpo in coperte e la mise in una borsa da viaggio. Misero quindi il suo corpo in un fusto da 210 litri, riempendolo poi di cemento fresco. Intorno alle 20:00 lo caricarono e alla fine lo abbandonarono a Kōtō, Tokyo. Durante la sua prigionia, Furuta aveva detto più volte ai suoi rapitori di essersi pentita di non aver potuto guardare l’episodio finale di tonbo(dragonfly=”” とんぼ). Miyano trovò la videocassetta dell’episodio e la mise nella borsa da viaggio. Come ha poi spiegato in seguito, non era perché provasse compassione per Furuta, ma perché non voleva che questa tornasse come fantasma e lo perseguitasse.(questa storia degli spiriti che perseguitano i vivi per vendicarsi dei torti subiti è molto comune nei racconti di folclore giapponese. Il film the ring ne è un esempio).
Ricordate la diciannovenne rapita, violentata e rilasciata dalla gang un mese prima della morte di Furuta? Bene, la ragazza prese il coraggio a due mani e denunciò alla polizia lo stupro nei suoi confronti (e aggiungo finalmente era ora che qualcuna li denunciasse).
Il 23 gennaio 1989 infatti Miyano e Ogura vennero arrestati per lo stupro della ragazza di 19 anni che avevano rapito a dicembre. Il 29 marzo due agenti di polizia li interrogarono poiché ai loro indirizzi era stata trovata biancheria intima da donna.
Durante l’interrogatorio, Miyano credeva che uno degli ufficiali fosse consapevole della sua colpevolezza nell’omicidio di Furuta. Pensando che Jō Ogura avesse confessato i crimini contro Furuta, Miyano disse alla Polizia dove trovare il corpo di Furuta. La polizia inizialmente era perplessa dalla confessione, poiché pensava si trattasse dell’omicidio di un’altra donna e del figlio di sette anni avvenuto nove giorni prima del rapimento di Furuta, un caso che rimase poi irrisolto.
La polizia trovò il corpo di Furuta il giorno successivo. Venne identificata tramite le
impronte digitali
. Il 1º aprile 1989 Ogura venne arrestato per un’altra aggressione sessuale e successivamente imputato per l’omicidio di Furuta. Seguì l’arresto di Watanabe, Minato
e il fratello di Minato. Diversi altri complici che parteciparono all’abuso e allo stupro di Furuta vennero identificati, inclusi Tetsuo Nakamura e Koichi Ihara, accusati anche loro di stupro dopo che tracce di DNA e numerose tracce di sperma vennero trovate sul corpo della vittima.

Accusa

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L’identità degli imputati rimase sigillata in tribunale in quanto all’epoca del delitto erano tutti minorenni. I giornalisti della rivista Shūkan Bunshun (週刊文春) scoprirono le loro identità e le pubblicarono poichè pensavano che gli imputati non meritavano che il diritto all’anonimato. Tutti e quattro gli imputati si sono dichiarati colpevoli di “aver commesso lesioni personali che hanno provocato la morte”, piuttosto che di omicidio. (Mi chiedo in quale dimensione o universo parallelo si possa pensare che tali brutalità non possano portare alla morte però vabbè….)
Nel luglio 1990, un tribunale di grado inferiore ha condannato Hiroshi Miyano, il capo del crimine, a 17 anni di carcere. Ha impugnato la sentenza, ma il giudice dell’Alta Corte di Tokyo Ryūji Yanase lo ha condannato ad altri tre anni di carcere. La condanna a 20 anni è la seconda più lunga condanna inflitta in Giappone prima dell’ergastolo. Dopo il suo rilascio, Minato si trasferì con la madre. Tuttavia, nel 2018, Minato è stato nuovamente arrestato per tentato omicidio dopo aver picchiato un uomo di 32 anni con un’asta di metallo e avergli tagliato la gola con un coltello.
Yasushi Watanabe, originariamente condannato da tre a quattro anni di carcere, ha ricevuto una condanna avanzata da cinque a sette anni. Aveva 17 anni al momento dell’omicidio.
Per il suo ruolo nel crimine, Jō Ogura ha scontato otto anni in una prigione minorile prima di essere rilasciato nell’agosto 1999. Dopo il suo rilascio, ha preso il nome di famiglia “Kamisaku” quando venne adottato da un suo sostenitore. Si dice che si sia vantato del suo ruolo nel rapimento, nello stupro e nella tortura di Furuta.
Nel luglio 2004, Ogura è stato arrestato per aver aggredito Takatoshi Isono, un conoscente con cui pensava che la sua ragazza potesse essere coinvolta. Ogura ha rintracciato Isono, lo ha picchiato e lo ha spinto nel suo camion. Ogura ha portato Isono da Adachi al bar di sua madre a Misato, dove avrebbe picchiato Isono per quattro ore.
Durante quel periodo, Ogura minacciò ripetutamente di uccidere l’uomo, dicendogli che aveva ucciso prima e sapeva come farla franca. Egli venne condannato a sette anni di carcere per aver aggredito Isono. La madre di Ogura avrebbe vandalizzato la tomba di Furuta, affermando che la ragazza morta aveva rovinato la vita di suo figlio. ( anche se non sono madre comprendo che ogni scarrafone è bello a mamma suia, però qui si va ben oltre il disumano). A Miyano è stata negata la libertà condizionale nel 2004. È stato rilasciato dalla prigione nel 2009. Nel gennaio 2013, Miyano è stato nuovamente arrestato per frode. A causa di prove insufficienti, è stato rilasciato senza accusa nello stesso mese, la sua ubicazione è tutt’ora sconosciuta.
Nobuharu Minato (ora Shinji Minato), che originariamente aveva ricevuto una condanna da quattro a sei anni, è stato nuovamente condannato a cinque o nove anni dal giudice Ryūji Yanase in appello. Aveva 16 anni al momento dell’omicidio. I genitori e il fratello di Minato non sono stati accusati.
I genitori di Furuta sono rimasti sgomenti per le condanne ricevute dagli assassini della figlia, sembrerebbe che la madre dopo aver saputo gli orrori subiti dalla figlia sia stata ricoverata in una clinica psichiatrica dove si trova tutt’ora e hanno vinto una causa civile contro i genitori di Minato, nella cui casa sono stati commessi i crimini. Secondo quanto riferito, la madre di Minato ha pagato ai genitori di Junko Furuta un risarcimento di ¥50 milioni (425.000$ Americani), dovettero vendere la casa di famiglia per pagarli.

Il funerale di Junko Furuta si tenne il 2 aprile 1989. Uno dei suoi amici fece un discorso commemorativo dove dichiarò: «Bentornata Jun-chan. Non avrei mai immaginato che ti avremmo rivisto in questo modo. Devi aver sofferto così tanto… così tanta sofferenza… Non ti dimenticheremo mai. Ho sentito che il preside ti ha consegnato un certificato di diploma. Quindi ci siamo diplomati insieme. Jun-chan, non c’è più dolore, non c’è più sofferenza. Per favore riposa in pace…»
Il futuro datore di lavoro designato di Furuta, ha presentato ai suoi genitori l’uniforme che avrebbe indossato nella posizione che aveva accettato. L’uniforme è stata riposta nella sua bara. Alla cerimonia, il preside della scuola di Furuta le ha designato un diploma di scuola superiore, che è stato consegnato ai suoi genitori. Il posto vicino al luogo in cui è stato scoperto il corpo di Furuta è stato trasformato nel parco Wakasu. All’epoca i Giapponesi erano preoccupati per un’epidemia di criminalità violenta influenzata dagli Stati Uniti e dal pensiero capitalista, quella che chiamavano la “malattia Americana”.

Commemorazioni dei Media

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Almeno tre libri sono stati scritti su questo crimine. Un Film d’exploitation, (女子高生コンク リート詰め殺人事件), fu diretto nel 1995 da Katsuya Matsumura. Yujin Kitagawa (successivamente membro del duo musicale Yuzu) ha interpretato il ruolo del principale colpevole e Mai Sasaki interpretò il ruolo di Furuta. Il caso è stato anche l’ispirazione per il film “Concrete” del 2004, ed il manga 17-sai. Anche nell’ambito della musica la band J rock The gazzette dal loro secondo album Nil (Nameless Liberty Underground) uscito l’8 febbraio del 2006 in Giappone sotto l’etichetta discografica PS Company, dedicò la canzone dalle sonorità lugubri e inquietanti Taion come tributo alla memoria della ragazza così che nessuno dimenticasse la sua storia.
Vi riporto qui sotto la traduzione del testo e il video musicale della canzone, che fin dal primo ascolto da adolescente (quando scoprii il gruppo nel 2010, 18 anni), ha sempre inquietato. Poi quando scoprii l’orribile tragedia a cui era ispirata compresi che le sonorità calzavano a pennello e descrivevano alla perfezione il senso di angoscia e terrore provate dalla vittima.

Taion: Temperatura
Un vento freddo di questa strada dalle luci rotte
ombra sconosciuta
le orme dell’abbandono
la libertà fu presa
se si alza un soffitto oscuro
una risata penetra nelle mie orecchie. è sporca.
la violenza abusa di me
capire è impossibile
perché sono stato scelto? qualcuno dovrebbe rispondermi…
per favore dimmi che tutto questo è un brutto sogno
quanto ancora devo gridare e ritorcermi dal dolore?
Per favore dimmi che tutto questo è un brutto sogno
gridai più volte e la mia voce si ruppe


non ci sono più capelli da strappare da questa testa
una risata penetra nelle mie orecchie
una debole temperatura si mescola con l’inverno
smisi di gridare e quando constatai che potevo
appassire e morire, mi sono detto a me stesso
non perdere la voglia di vivere
nelle notti tremanti, sto in silenzio
e affondo nel mio dolore
per favore, perdona la mia respirazione debole…
per favore dimmi che tutto questo è un brutto sogno
quanto ancora devo gridare e ritorcermi dal dolore?
Per favore, dimostrami che tutto questo è un brutto sogno
voglio tornare a ridere un’altra volta prima della fine.

Considerazioni personali

L’avere un buon intuito molte volte riesce a salvare l’essere umano in calcio d’angolo da situazioni molto spiacevoli. Ma l’ingenua Junko, (forse per via della sua bontà o per l’essere cresciuta “sotto una campana di vetro”) tra le tante doti non possedeva questa qualità, e proprio questo non le permise di comprendere che chi aveva di fronte era un potenziale assassino. Purtroppo molte donne e ragazze con questa personalità
(considerate bersagli facili) sono una lanterna per le le lucciole per l’essere umano maschio medio-debole, che approfitta e abusa di loro, trascinando le sfortunate in un loop di sofferenza che evolve nei casi più gravi in violenza fisica e psicologica. Troppo spesso nel bel paese e il resto del mondo la donna vive e si confronta quotidianamente con situazioni di disparità, discriminazioni e pregiudizi esercitati dal sesso
forte. Sia nel mondo del lavoro che nell’ambito familiare compie il triplo degli sforzi di un uomo
solo per esserne infine apprezzata la metà.
Le donne molto spesso ancora oggi vengono malpagate, discriminate, sfruttate, violentate e uccise perché viene loro negato, alla radice, il diritto all’identità e alla propria libertà. Basti solo pensare al macello che sta succedendo in Iran in quest’ultimo periodo, ragazze brutalmente uccise per un velo messo male o per aver solamente espresso il loro dissenso ad un uomo.
Tutte noi donne abbiamo diritto ad avere la propria identità e libertà; perché noi parliamo, immaginiamo, studiamo, creiamo, siamo vive e non apparteniamo a nessuno. L’8 Marzo festeggiamo questa ricorrenza, ma con uno sguardo al futuro. Non ci accomodiamo, sono ancora tante le conquiste per un mondo basato sull’uguaglianza. Detto questo auguri a tutte le donne! Per tutto il resto questa è l’orribile storia di Junko Furuta, una liceale giapponese piena di sogni e speranze, che pagò a caro prezzo l’aver detto di no alla persona sbagliata.

Scritto da Kiary92

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